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Quando i rappresentanti di INARSIND hanno mostrato ai funzionari dell'Urbanistica di Arezzo la perentoria norma della Milano di Pisapia, con la quale si liberalizzano totalmente i cambi di destinazione all'interno della città costruita, immagino che i suddetti funzionari avranno rivendicato il loro impegno nel liberalizzare, nello sfrondare, nel semplificare l'ormai indifendibile Regolamento Urbanistico nostrano.
E tuttavia, non espressa ma indefettibile anche di fronte a un così eclatante esempio, sarà rimasta in questi funzionari la ferma convinzione che in fondo, con tutti i suoi difetti, la direzione giusta è quella Tosco - Aretina e non quella Milanese, perché comunque la scelta delle destinazioni, pur se condizionata da tutte le norme sulla Sanità, la Sicurezza, la Compatibilità e via dicendo, non può essere lasciata all'arbitrio del cittadino: la scelta "pubblica", basata sui criteri del vantaggio comune, sarà sempre più valida delle scelta del singolo, dettata dalla pura convenienza personale!
Ma questi funzionari si dimenticano che i cittadini continuano a preferire l'integrazione delle funzioni del Centro Antico della loro città, cresciuto come sommatoria di molteplici gesti singoli, alle periferie organizzate dai moderni pianificatori che, vedasi il Piano di Arezzo, hanno indicato una per una le possibili destinazioni di ogni possibile particella della città costruita.
La realtà è opposta a quella tenacemente introiettata dai funzionari Tosco-aretini: la libertà di destinazione (fatta salva la Sanità etc.) porta alla diversificazione delle funzioni e alla loro integrazione, porta la vitalità e la possibilità di un utilizzo economico quando invece l'imposizione dall'alto il più delle volte non coinciderà con l'interesse del cittadino e porterà all'abbandono e alla decadenza economica.
Auguriamoci dunque che questi esempi eclatanti inducano a una profonda riflessione i nostri pianificatori e che si possa lentamente procedere a una detoscanizzazione ideologica delle normative regionali e locali, ispirandosi alla rivoluzione nordista dei Milanesi Pisapiani.
Giulio Rupi