La categoria dei Liberi professionisti
deve provvedere alla sua difesa con tutti i mezzi più risoluti, attraverso organizzazioni sindacali ad adesione libera,
sottratte ad ogni disciplina e gerarchia statale, limitate ai soli puri professionisti,
ossia a coloro che, unicamente da contratti di opera e mai da remunerazioni a tempo o a stipendio e quindi da lavoro subordinato,
anche se intellettualmente di alto grado, traggono i materiali mezzi della propria sussistenza".
Amadeo Bordiga, cofondatore del Sindacato Ingegneri Liberi Professionisti – Napoli, 1950

giovedì 19 aprile 2012

E' COSI' CHE SI SOSTIENE L'ECONOMIA DI UNA CITTA'?


E’ clamoroso! In questo periodo di crisi economica generale, questo Regolamento Urbanistico sembra fatto per dare il colpo di grazia all’economia della città. Se un imprenditore artigiano o  industriale si trova nella necessità di ampliare la propria azienda e assumere qualcuno, cosa avviene?  Avviene che, norme alla mano, non può fare niente! Norme assurde, tempi biblici e immobilismo. Immobilismo che, in questi casi, significa o chiudere bottega o emigrare altrove.
Con il PRG il Comune fissa regole di modificazione della città valide per tutti i cittadini intesi come singoli individui ma anche come soggetti facenti parte di vari corpi sociali quali categorie economiche, associazioni culturali, sindacati, scuole e quant’altro. Il PRG è dunque  uno strumento che può sviluppare le numerose attività presenti nella nostra società, incentivando un settore piuttosto che un altro, in base a scelte contingenti o strategiche.
Purtroppo il Regolamento Urbanistico di Arezzo, oltre che povero dal punto di vista del disegno, non fornisce risposte né ai cittadini né alle attività produttive ed anzi, rispetto a queste ultime, penalizza proprio chi avrebbe la possibilità di espandersi facendo del bene non solo alla propria azienda ma a tutta la collettività.
Un caso tra i tanti che ogni giorno si scoprono - e in questo senso il RU non riesce mai a deluderci - riguarda proprio le aree produttive. Proveremo a spiegarlo cercando di limitare i tecnicismi.

Si prenda il caso di una azienda che abbia costruito la propria sede con il precedente PRG, esaurendo tutta la superficie coperta a disposizione, pari al 60% della superficie del  lotto. Consideriamo ad esempio un lotto di 1000 mq con un capannone di 600 mq. Poniamo che oggi l’azienda abbia necessità di aumentare il numero di occupati e quindi voglia realizzare un piano ammezzato di 200 mq nella fabbrica alta 7 metri. Un’opera semplice: qualche pilastro, travi e solaio. Un’opera che non incide sulla superficie libera rimasta, un’opera racchiusa dentro l’involucro dell’edificio esistente e che nemmeno si vede dall’esterno salvo qualche finestra in più. Ebbene, non la potrà fare. Perché? Perché le norme attuali consentono una occupazione del lotto di 400 mq invece dei 600 precedenti!

Per essere più precisi, lo potrebbe fare ma a condizione che riporti la superficie del fabbricato esistente a 400 mq e, detto senza eufemismi, a condizione di demolire 200 mq di capannone. Avete letto bene: demolire 200 mq di capannone (operazione spesso impossibile oltre che insensata) per rifare gli stessi 200 mq necessari al piano superiore!
Questa norma non è solo astratta - difetto che dimostra il distacco dalla realtà delle cose - ma è anche inutilmente punitiva e “non sostenibile” nel senso politicamente corretto del termine. Privilegiare una norma di questo tipo, costringendo quindi l’azienda o a non crescere e a non creare nuova occupazione, oppure a trasferirsi in altra sede (possibilmente fuori di Arezzo, dove è più facile e gli imprenditori vengono di norma accolti a braccia aperte) significa sì avere un disegno per la città, ma depressivo e ostile anche al minimo sviluppo.

La conseguenza logica è che queste norme del piano non possono in alcun modo essere aggiustate, essendo troppe le variabili imprevedibili e tutte negative, ma solo azzerate e riscritte con spirito positivo aperto alla realtà. Tanto meno questa riscrittura potrà essere fatta dallo stesso ufficio che ha contribuito alla redazione di norme del genere.

Alessandro Cinelli  e Pietro Pagliardini Architetti INARSIND Arezzo.

P.S.
Se qualcuno pensasse che abbiamo scritto questo post dopo aver alzato il gomito  (e avrebbe tutte le ragioni per crederlo) diamo il riferimento normativo: NTA del RU di Arezzo, art. 77, comma 11, che rimanda al comma 2 del medesimo articolo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E avete mai fatto caso a quanti capannoni risultano "vincolati" e quindi per fare una qualsiasi modifica seppur piccola si necessiti di passare dalla soprintendenza? ASSURDO!

Geom. Stefano Lisi ha detto...

mi ero già imbattuto in questa norma cervellotica e ne ero rimasto basito e mi son chiesto se chi ha ideato questa norma abbia mai riletto quello che scriveva??? I clienti che hanno voglia e disponibiltà per fare qualcosa sono rimasti veramente pochi, e non si può mettergli paletti assurdi del quale ne sconta l'intera società che lavora e a voglia di fare!!!

Pietro Pagliardini ha detto...

Stefano, è la domanda che ci facciamo in molti. Ma non è tanto importante il nome di chi l'abbia scritta quella norma, quanto il perchè, davvero senza risposta.
Ciao