La categoria dei Liberi professionisti
deve provvedere alla sua difesa con tutti i mezzi più risoluti, attraverso organizzazioni sindacali ad adesione libera,
sottratte ad ogni disciplina e gerarchia statale, limitate ai soli puri professionisti,
ossia a coloro che, unicamente da contratti di opera e mai da remunerazioni a tempo o a stipendio e quindi da lavoro subordinato,
anche se intellettualmente di alto grado, traggono i materiali mezzi della propria sussistenza".
Amadeo Bordiga, cofondatore del Sindacato Ingegneri Liberi Professionisti – Napoli, 1950

2014-09-01 Osservazione n.2 su area Ex-Lebole

Oggetto:

1) Delibera del C.C. n. 88 del 28.05.2014 pubblicata sul BURT n. 26 del
02.07.2014 avente ad oggetto l’adozione del Piano di Recupero del
comparto C1/A con contestuale variante al Piano Complesso di
Intervento dell’A.S.I. 3.3 “Cittadella degli Affari” – area ex Lebole e
variante al Regolamento Urbanistico

2) Delibera del C.C. n 89 del 28.05.2014 pubblicata sul BURT n. 27 del
09.07.2014 avente ad oggetto l’adozione della variante al Piano
Comunale di Classificazione Acustica in relazione al Piano di Recupero
del comparto C1/A del P.C.I. ASI 3.3 e al Regolamento Urbanistico

                                             OSSERVAZIONI

per INARSIND, Sindacato Nazionale di Architetti ed Ingegneri liberi
professionisti Sezione provinciale di Arezzo, nella persona del Presidente e
legale rappresentante pro tempore Dott. Arch. Alessandro Cinelli
domiciliato per la carica presso la sede di Arezzo in via Guadagnoli n. 69.
INARSID è un Sindacato che ha tra i propri scopi la tutela della Libera
Professione di Ingegnere e Architetto e la rappresentanza sindacale in sede
nazionale e internazionale degli iscritti per la difesa e la tutela dei diritti e
degli interessi della categoria degli ingegneri e degli architetti liberi
professionisti anche nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni.
Il Sindacato è quindi portatore di un qualificato interesse all’apporto
collaborativo finalizzato alla pianificazione di vaste porzioni territoriali
anche in considerazione degli importanti riflessi economici e sociali certamente ricadenti sull’intera categoria dei professionisti rappresentati.




A.   Osservazioni di carattere procedurale (inviate con documento a parte).

Inarsind, in altre occasioni, ha lungamente sottolineato come i liberi professionisti siano colpiti dall'eccesso di leggi urbanistiche e di burocrazia al punto che anche i lavori più modesti e irrilevanti dal punto di vista ambientale vengono sottoposti ad una infinità di inutili verifiche e procedure.
Inarsind auspica una drastica semplificazione burocratica per rendere "normale" il lavoro dei liberi professionisti ma, allo stesso tempo, ritiene che anche le progettazioni svolte dall'amministrazione pubblica o da soggetti economicamente potenti debbano sottostare alle procedure di legge con la stessa perizia imposta ai tecnici privati e relativi committenti.
Nel caso specifico il rispetto delle procedure è anche garanzia per gli investitori interessati alle varianti oggetto di osservazione.
Il sindacato Inarsind ha presentato osservazioni inn data 28/08/2014 che mettono in evidenza quelli che sembrano a tutti gli effetti vizi di procedura nell'adozione del piano di recupero del comparto C1a con contestuale variante al Piano Complesso di Intervento dell'A.S.I. 3.3 "Cittadelle degli Affari" - area ex Lebole e variante al Regolamento Urbanistico.
In breve sintesi l'osservazione riguarda:
1.    L’inefficacia del PCI vigente;
2.    La mancata variante al PS;
3.    La violazione dell’art. 18 l.r. 1/2005 (la pratica non è stata preceduta dall’avvio del procedimento né dalla nomina del responsabile del procedimento);
4.    La violazione dell’art. 56 della l.r. 1/2005 (contenuti minimi richiesti al 2° comma);
5.    La illegittima riduzione del dimensionamento dell’ERS;
6.    La violazione delle prescrizioni imposte dalla Conferenza di Pianificazione;
7.    La violazione della l.r. 10/2010 (VAS);
8.    Parcheggi ex DM 1444 - sottodimensionamento ed erroneità;
9.    La mancanza dei pareri degli enti coinvolti dall’attuazione del comparto C1;
10. L’errore sui presupposti della relazione sulla viabilità;
11. L’errore del dimensionamento posto a base della valutazione acustica;
12. Convenzione (poca chiarezza).

Per la consultazione del testo integrale delle osservazione del 28/08/2014 si rimanda al link  http://inarsindarezzo.blogspot.it/2014/08/osservazioni-al-piano-di-recupero-del.html

B. Osservazioni riferite alla qualità urbanistica dell'intervento.

Il sindacato INARSIND, nel periodo precedente l'approvazione del Piano Complesso di intervento del 2011, del quale l'attuale Piano costituisce variante, ha organizzato dibattiti pubblici sul tema del riuso degli spazi urbani. Nel settembre 2010 fu organizzato il convegno " Il riuso delle aree produttive: sviluppo e trasformazione della città. il caso dell'area ex Lebole".
Nella relazione introduttiva al convegno si diceva: "Il riuso delle grandi aree e contenitori per attività ormai dismesse è oggi una sfida economica e urbanistica. É un’occasione per riqualificare non solo l’area “biglietto da visita” per chi arriva dall’autostrada  ma anche l’intera Arezzo. Un riutilizzo sbagliato produrrebbe effetti negativi per tutta la città.
L’idea di grandi centri commerciali ormai non funziona più neanche dal punto di vista strettamente economico e, proprio nelle nazioni che li avevano inventati, il loro declino, prima economico e poi fisico, è iniziato da molti anni. In molti casi, per riconvertire le aree, si è ipotizzato un riutilizzo per attività economiche e umane plurime, ben miscelate, attraverso la costituzione di una maglia viaria più fitta e legata al resto della città. Si pensa all’abitare, al tempo libero, al piccolo commercio, agli uffici, alla ristorazione ecc.. Si pensa a volumi non esuberanti  con  edilizia di base ed edilizia specialistica ben rapportate.
La città storica  diventa di nuovo il modello di riferimento."
In estrema sintesi i principi richiamati sono stati quattro:
1  1  evitare la costituzione di grandi centri commerciali che danneggiano il commercio esistente  nella città storica  facilitandone il degrado;
2 evitare la monofunzionalità che ha già dimostrato, nella limitrofa via Galvani,  l'incapacità di reggere alle modificazioni economiche della nostra società. Via Galvani, oggi, è un luogo triste e desolato e non è certo il caso di continuare, con l'area Lebole, con una monofunzionalità edilizia del tutto simile;
3 considerare l'area Lebole come interstizio urbano tra i quartieri Pescaiola e Fiorentina (in senso tangenziale) e tra l'area di via Galvani e il centro storico (in senso radiale alla città), facendone una occasione di ricucitura e riqualificazione non solo dell'area dismessa ma anche degli importanti quartieri limitrofi.
4 utilizzare la previsione della maglia viaria come principale elemento per realizzare i propositi di riqualificazione urbana.

Il piano approvato nel 2011, anche se in modo sintetico, aveva recepito alcune delle problematiche discusse e, per il comparto C1, aveva indicato nelle norme la divisione in 9 lotti funzionali non accorpabili.
La previsione dell'attuale piano adottato costituisce un grave passo indietro sia nel metodo che nel merito.
L'elaborato di comparazione tra norme del precedente piano e piano adottato mostra chiaramente simili passi indietro con le eliminazioni delle norme che dovevano garantire un minimo di qualità urbana e infatti sono state cassate frasi come:
·         "riconfigurazione urbanistica dell’intera area circostante"
·         "il Piano dovrà prevedere un'ipotesi di progetto di suolo complessivo dell’intera area compresa nel PCI, esteso agli ambiti urbani limitrofi per quanto attiene alla continuità del sistema infrastrutturale."
·         " IL Piano dovrà definire l’articolazione in Lotti del Comparto 1 ed il relativo perimetro degli stessi garantendone la funzionalità secondo le quantità indicate nelle schede norma di riferimento. Non è consentito l’accorpamento delle destinazioni commerciali previste nei vari lotti."


Giova ricordare che l'area in questione è strategica per le sorti di tutta la città e un suo errato riutilizzo produrrebbe effetti negativi sul tessuto del commercio, sul tessuto sociale, sulla mobilità e sulla qualità urbana non solo dei quartieri limitrofi ma di tutta la città. 
Nel metodo, l'adozione è avvenuta senza vero confronto con la comunità aretina. In rare occasioni, previo sollecitazione di alcune associazioni di categoria, sono state illustrate alcune generiche caratteristiche della variante  e la presentazione del progetto avvenuta un paio di giorni prima dello scadere del termine per le osservazioni è suonata come beffarda.
Quando l'amministrazione pubblica è stata sollecitata con idee concrete circa le caratteristiche urbanistiche e di qualità che l'area avrebbe dovuto avere, la risposta è stata laconica e fuorviante. Si chiedeva, in sostanza, di reperire anche gli investitori interessati a simili ipotesi ribaltando quella che deve essere invece l'azione dell'amministrazione pubblica in favore del pubblico interesse. L'amministrazione pubblica dovrebbe dettare le condizioni urbanistiche all'interno delle quali si devono muovere gli investitori e invece si è operato al contrario, assecondando la richiesta di liberare l'area da qualsiasi ipotesi necessaria alla qualità urbana, ovvero, in sintesi, da quanto indicato ai quattro punti precedenti.
La variante adottata elimina alcune garanzie che la precedente pratica approvata aveva introdotto e perciò aumenta arbitrariamente la libertà di manovra in danno della qualità urbana che riguarda tutti i cittadini. La libertà di manovra degli investitori, sacrosanta, deve essere invece una risorsa per l'interesse di tutta la città.
In mancanza di un quadro urbanistico dettato dall'amministrazione pubblica, l'uso di aree come la ex Lebole può sconfinare nella logica di gruppi economici che vogliono mantenere situazioni di mercato più o meno concorrenziale, nel pur legittimo interesse di alcuni privati, ma in forte contrasto con l'interesse cittadino.
Nel merito, il progetto adottato riguarda sostanzialmente il comparto C1 e individua un sottocomparto C1a con destinazione monofunzionale (commercio e servizi) e la zona C1b a destinazione Edilizia Residenziale Sociale.  
La libertà di manovra nella zona C1a è ben rappresentata dalle ipotesi progettuali dei volumi edilizi. Tre capannoni accostati e una distesa di parcheggi a corredo, ben visibili come biglietto da visita per chi entra in città dall'autostrada. I capannoni potranno essere facilmente accorpati.  Non bastavano i capannoni dismessi di via Galvani e si continua con la stessa logica.
La zona a ERS è staccata e anch'essa monofunzionale. La sua effettiva realizzazione è legata ad un improbabile aumento delle superfici edificate rispetto alla quantità esistente da ristrutturare. Appare evidente, quindi, come l'intenzione sia quella di ricostruire, nella zona C1a, i capannoni ora esistenti senza impelagarsi in ERS e d'altronde c'è da augurarsi che quella edilizia monofunzionale residenziale/dormitorio non venga mai realizzata.
Le norme tecniche, al riguardo della divisione in due comparti (C1a e C1b) parlano di possibilità e non di prescrizione a dimostrazione che si è voluta garantire solo la massima libertà di manovra.
Sul fronte viabilità è da notare che nelle tavole grafiche è stata inserita una rotatoria, di collegamento col centro affari, sottopassata dal raccordo e ad esso collegata con quattro bretelle. Oltre alle caratteristiche del tutto inurbane manca il parere ANAS (così risulta dai documenti consultati) e le prescrizioni delle norme tecniche parlano di possibile interramento e di possibile raddoppio del raccordo.
Manca una ipotesi di collegamento radiale con la città e manca l'ipotesi di collegamento tra i quartieri Pescaiola e Fiorentina. la strada disegnata dalla rotatoria alla ferrovia, che potrebbe continuare, con sottopasso, verso Pescaiola, non trova riscontro effettivo e garanzia di realizzazione nelle norme tecniche.
Tutto ciò a dimostrazione che la maglia viaria ipotizzata è del tutto aleatoria e quindi incapace di riqualificare l'esistente.

In sintesi, il piano adottato è incapace di difendere l'interesse pubblico e anche quello degli investitori che vedranno sorgere ulteriori capannoni in una zona già degradata  dai capannoni dismessi di via Galvani.  La qualità urbana non è minimamente garantita e l'aleatorietà delle indicazioni normative contrasta del tutto con le necessità di una corretta amministrazione pubblica.

Per i motivi suesposti

si confida

che il Consiglio Comunale in accoglimento delle presenti osservazioni vorrà
rifiutare sia l’approvazione della variante al RU, al PCI e del correlato Piano
di Recupero cosi come adottati sia della afferente variante al Piano Comunale
di Classificazione Acustica.


Distinti saluti
Il Presidente di INARSIND
Sezione provinciale di Arezzo

Dott. Arch. Alessandro Cinelli

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