La categoria dei Liberi professionisti
deve provvedere alla sua difesa con tutti i mezzi più risoluti, attraverso organizzazioni sindacali ad adesione libera,
sottratte ad ogni disciplina e gerarchia statale, limitate ai soli puri professionisti,
ossia a coloro che, unicamente da contratti di opera e mai da remunerazioni a tempo o a stipendio e quindi da lavoro subordinato,
anche se intellettualmente di alto grado, traggono i materiali mezzi della propria sussistenza".
Amadeo Bordiga, cofondatore del Sindacato Ingegneri Liberi Professionisti – Napoli, 1950

martedì 20 settembre 2011

PRIME INDICAZIONI INTERPRETATIVE DELLA L.R. 40/2011

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Il Direttore dell'Ufficio Edilizia del Comune di Arezzo Architetto Roberto Calussi, ci ha trasmesso questo documento in cui fornisce le prime indicazioni interpretative sulla legge 40/2011. Il titolo stesso fa comprendere che non tutto è ancora completamente chiaro.
Pubblichiamo volentieri questo documento anche se non consideriamo affatto chiuso l'argomento.
Tuttavia è bene che i colleghi dispongano degli elementi necessari per potersi orientare in questa materia sempre più ingarbugliata e in continuo divenire.
Inevitabile constatare che in un momento di grave crisi economica generalizzata si debbano disperdere energie nell'esegesi di leggi concepite male e scritte peggio. Non è certamente un bel segnale che la classe politica tutta trasmette ai cittadini.
Invitiamo i colleghi a lasciare commenti che potrebbero tornare utili per le prossime iniziative.



Arezzo 14 settembre 2011
Prot. 98899/ M. 03/2011
OGGETTO - Entrata in vigore della L.R. 4012011, prime indicazioni interpretative.


Il 25 agosto 2011, con l'entrata in vigore della L.R. 40/2011, modificativa della L.R. 01/2005, la Regione Toscana ha adeguato il proprio testo unico dell'edilizia alla L. 106/2011.
Prima sostanziale modifica è la soppressione dell'istituto giuridico della Denuncia di inizio attività (DIA), sostituito dalla Segnalazione Certificata di Inizio attività (SCIA).
Le modifiche hanno interessato anche la definizione degli interventi edilizi, in particolare la "ristrutturazione edilizia".
Stante il mutato quadro normativo, si è posta la necessità di interpretare alcuni aspetti specifici della legge, con riferimento agli atti di governo del territorio vigenti che disciplinano l'attività edilizia, in particolare per quanto riguarda:
1) La nozione di ristrutturazione edilizia, con particolare riferimento alle addizioni funzionali ed alle pertinenze;
2) Il rapporto fra i parametri urbanistici indicati dalla legge e quelli del Regolamento Urbanistico (modifica di sagoma, volume, superficie utile lorda)
3) Il termine per l'inizio dei lavori della SCIA;
4) La necessità o meno, di allegare l'autorizzazione del Genio Civile al deposito dei titoli edilizi (SCIA o Permesso di Costruire.
Tali problematiche sono state affrontate in via preliminare dall'Ufficio, ed illustrate nell'incontro tenuto il 1 settembre 2011, con i rappresentanti degli ordini professionali.
Si riportano di seguito le considerazioni che sono state espresse in tale incontro, che vengono assunte dall'Ufficio come prime indicazioni operative, per l'applicazione della legge.

1) Nozione di ristrutturazione edilizia, con particolare riferimento alle addizioni funzionali ed alle pertinenze

L'art. 79 della L.R. 01/05 disciplina le "opere e gli interventi sottoposti a SCIA'; dispone infatti che "sono soggetti a SCIA .... gli interventi di ristrutturazione edilizia, ossia quelli rivolti a trasformare l'organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente; ... tali interventi comprendono altresì modifiche alla sagoma finalizzate alla realizzazione di addizioni funzionali .... nel limite del 20% del volume esistente.....".
Rispetto alla norma previgente è stato aggiunto che l'addizione funzionale si esplica mediante modifiche alla sagoma di un edificio ed è stato introdotto il limite quantitativo di modifica della sagoma, nella misura del 20% rispetto ai volume esistente; inoltre la realizzazione delle pertinenze è stata scorporata dalla definizione di ristrutturazione edilizia, codificandola come una nuova categoria di intervento, sempre con l'aggiunta del limite quantitativo del 20% rispetto al volume dell'edificio principale.
E' di tutta evidenza che l'art. 79, oltre ad individuare il titolo edilizio abilitativo, definisce anche il concetto di ristrutturazione edilizia, discostandosi, come in passato, dalla definizione del Testo Unico statale (DPR 380/01). E' tile ricordare che secondo il DPR 380/01, tutti gli ampliamenti sono ricondotti alla categoria della nuova costruzione, quindi soggetti al rilascio del Permesso di Costruire, ad eccezione delle "pertinenze" che abbiano consistenza non superiore al 20% del volume esistente. L'impianto sanzionatorio del DPR 380/01 dispone la rilevanza penale se tali interventi sono eseguiti in assenza del Permesso di Costruire (ovvero di altri titoli eventualmente introdotti dalle discipline regionali).
L'art. 78 della L.R. 01/05 assoggetta al rilascio di Permesso di Costruire le "addizioni volumetriche agli edifici esistenti non assimilate alla ristrutturazione edilizia"

Stante la definizione residuale dell'art. 78 della LR. 01/2005, gli interventi di "ampliamento" che non rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia (ovvero le modifiche alla sagoma eccedenti il 20% del volume esistente), non possono che essere ricondotti alla categoria dell'addizione volumetrica.

Per quanto riguarda poi i relativi titoli legittimanti, è individuata la SCIA per gli ampliamenti classificabili nella nozione di ristrutturazione edilizia, ed il permesso di costruire per gli ampliamenti classificati come addizione volumetrica.
Si ricorda che la Regione Toscana, con la Circolare applicativa del condono edilizio 2004, ha precisato che gli ampliamenti rientrano nella categoria della ristrutturazione edilizia se sono funzionali ad un organismo esistente e se non determinano la costituzione di un nuovo organismo. Tali requisiti sono soddisfatti se gli ampliamenti sono limitati, se non aumenta il numero delle unità immobiliari e se non cambia la destinazione d'uso.

Il Regolamento Urbanistico è stato adottato ed approvato con il precedente impianto normativa, ove all'art. 79 della L.R. 01/05 non era fissato un limite quantitativo delle addizioni funzionali.
L'alt. 36 delle NTA del Regolamento Urbanistico dispone al comma 2 che " le addizioni funzionali di cui alla lettera d), punta 3 del comma 2 dell'art. 79 della L.R. 01/05, non possono comportare nel loro complesso un incremento di sul superiore a mq 30 mq 40, ... mq 60 ..."
Occorre quindi chiarire se le previsioni del R.U. sono divenute inefficaci qualora l'addizione superi il 20% del volume esistente. Si tratta cioè di capire se il limite introdotto dalla legge, incide, in riduzione, nei casi in cui l'addizione di superficie prevista dal Regolamento Urbanistico eccede il 20% del volume esistente.

Stante il richiamo puntuale del Regolamento Urbanistico all'articolato della L.R. 01/2005, per effetto della modifica apportata alla legge, si ritiene che le addizioni funzionali sono tali se addizionano Sul in conformità del R.U., e se tale addizione modificativa della sagoma, non supera il 20% del volume esistente.
Nei casi diversi (ad esempio addizione maggiore dei limiti dell'art. 36 del R.U., o modifica di sagoma maggiore del 20%), l'intervento non può che essere ascritto alla categoria dell'addizione volumetrica, ammissibile ove il R.U. prevede tale intervento.

Nell'ambito del territorio rurale, ove sono vietate dalla L.R. 112005 le addizioni volumetriche, di fatto non potranno essere proposte addizioni alla sagoma degli edifici che superano il 20% del volume esistente, contrariamente a quanto disciplinato dal R.U..

Resta inteso che nulla osta alla proposizione in tempi diversi separati interventi di addizione funzionale, a condizione che ciascuno rispetti il limite dei 20%, e che nel complesso sia rispettata la quantità di Sul in addizione (il R.U. ammette espressamente la possibilità di intervenire con più interventi, fatto salvo il rispetto del limite complessivo).

2) Rapporto tra i parametri urbanistici indicati dalla legge e quelli del Regolamento Urbanistico (modifica di sagoma, volume, Sul)

Altri elementi oggetto di interpretazione sono il significato di "modifiche alla sagoma" ed il parametro "volume" indicato dal legislatore per la verifica quantitativa del 20%.
Sia il legislatore statale che quello regionale hanno utilizzato il termine di "modifiche alla sagoma...."
La definizione di sagoma di un edificio è contenuta nel vigente Regolamento Edilizio. Definizione analoga è contenuta anche nella proposta di Regolamento per l'unificazione a livello regionale delle definizioni tecniche e dei parametri urbanistici ed edilizia, ai sensi dell'art. 144 della L.R. 1/2005.

In entrambe le definizioni, nella sagoma di un immobile è compresa sia la porzione di edificio delimitata dai muri perimetrali (cd sagoma primaria del R.E.), sia le porzioni non tamponate, quale ad esempio i porticati (cd sagoma secondaria del R.E.).
Ne consegue che in ipotesi di addizione funzionale che prevede l'incremento di Sul mediante la tamponatura (parziale o totale) di un porticato esistente, stante la non modifica della sagoma, tale intervento risulta escluso dalla verifica quantitativa dei 20% determinata dalla L.R. 1/2005, ferma restando la quantità massima di addizione ammessa dal Regolamento Urbanistico.

Per quanto riguarda invece i[ termine "volume" (... nel limite del 20% del volume esistente ...), si pone il problema di identificare il relativo parametro di riferimento in chiave di Regolamento Urbanistico, ai fini della verifica di legge.
Si tratta cioè di identificare se tale parametro è da riferirsi alla Sul di cui all'articolo 24 delle NTA del R.U., piuttosto che al volume di cui all'art. 29 delle NTA del R.U., ovvero al volume della sagoma di cui all'art. 15 del Regolamento Edilizio.

E' utile ricordare che il dimensionamento del Piano Strutturale è stato definito rispetto alla Superficie utile lorda; ovviamente tale parametro è l'indice edificatorio (territoriale e fondiario) assunto dal Regolamento Urbanistico. Alcune disposizioni della L.R. 1/2005 (ad esempio quelle riferite agli interventi ammessi sul patrimonio edilizio con destinazione d'uso agricola) sono state recepite nel Regolamento Urbanistico "convertendo" il riferimento al "volume" indicato nella legge, con il parametro della Sul.
Si ritiene che la ratio della norma sia quella di individuare la quota di addizione massima ammissibile, in riferimento agli indici edificatori attribuiti dagli strumenti urbanistici, PRG o RU. Non si spiegherebbe diversamente la circostanza che Io stesso articolo 79 prosegue, esonerando alcuni interventi di addizione funzionale (rialzamento del sottotetto....servizi igienici..., volumi tecnici..., autorimesse pertinenziali...) dal computo degli indici di "fabbricabilità fondiaria e territoriali", confermando quindi che il riferimento, indipendentemente dal termine utilizzato, è agli indici edificatori.

Gli strumenti urbanistici comunali in passato hanno sempre utilizzato quale indice edificatorio (fondiario o territoriale) il parametro del volume, quelli più recenti, come quello del Comune di Arezzo, utilizzano invece il parametro della Superficie Utile Lorda (Sul). La definizione di volume di cui all'art. 29 delle NTA determina solo un volume virtuale (il volume si ottiene moltiplicando la Sul per un coefficiente numerico). Il volume ai fini della determinazione della sagoma (art. 15 del R.E.) di un edificio è riferito al volume fisico della figura geometrica, ma non è corrispondente al "peso urbanistico" dell'edificio stesso, dato appunto dalla quantità di SUL (due edifici con SUL diverse potrebbero avere lo stesso volume di sagoma).
L'indice edificatorio a cui riferirsi è quindi quello della Sul del R.U.: pertanto le addizioni sono classificate funzionali, e quindi riconducibili alla tipologia d'intervento della ristrutturazione edilizia, se la Sul in modifica della sagoma dell'immobile, è contenuta entro il 20% della Sul iniziale, e se la Sul in addizione è contenuta entro i limiti fissati dall'art. 36 delle NTA del R.U.

Ne consegue che:
- per i bar, i ristoranti e le strutture turistico ricettive, l'addizione funzionale che modifica la sagoma dell'immobile, finalizzata all'incremento della capacità ricettiva, deve comunque essere contenuta entro il 20% della Sui esistente (anziché il 25% come previsto dal R.U.), e comunque non oltre 60 mq;
- per le attività produttive, l'addizione funzionale che modifica la sagoma dell'immobile deve essere contenuta entro il 10% della Sul esistente, e comunque non oltre 100 mq.;
- negli altri casi, l'addizione funzionale che modifica la sagoma dell'immobile deve essere contenuta entro il 20% della Sul esistente, e comunque non oltre 30/40/60 mq.


Analogamente gli interventi di cui all'art. 79, c. 2, lett. e) della L.R. 01/05 "interventi pertinenziali che comportino la realizzazione.....di un volume aggiuntivo non superiore al 20% del volume dell'edificio principale..." devono essere verificati con il parametro della SUL: quindi le pertinenze non devono incrementare la SUL esistente oltre il 20%. Ne consegue che la realizzazione di pertinenze che sono escluse dalla determinazione della SUL, non incidono sulla determinazione della percentuale.

3) Il termine per l'inizio dei lavori della SCIA

In generale la disciplina edilizia ha sempre delimitato temporalmente il termine entro il quale deve essere dato avvio ai lavori, ed il termine di ultimazione degli stessi.
Per il Permesso di Costruire è fissato il termine per l'inizio dei lavori (entro un anno dal rilascio del permesso) e per la fine degli stessi (entro tre anni dalla data di inizio).
Contenuti analoghi erano presenti anche sulla DIA, in particolare per l'inizio dei lavori (entro un anno dalla data di presentazione).
La legge regionale attribuisce cioè un termine che decorre dalla data di efficacia del titolo edilizio (data di rilascio per il Permesso di Costruire e decorso del termine di 20 giorni per la DIA); l'interessato ha facoltà di intraprendere i lavori fin dalla data di efficacia del titolo, così come può scegliere di iniziare i lavori successivamente, non oltre il limite imposto dalla legge, pena la decadenza del titolo stesso.
Senza entrare nel merito della natura giuridica (atto provvedimentale o privatistico) della DIA e della SCIA, gli strumenti sono analoghi e si basano sul fatto che la conformità dell'intervento edilizio da porre in essere è asseverata da un libero professionista, demandando al Comune la funzione di controllo e verifica. La differenza sostanziale è che l'efficacia della SCIA decorre immediatamente con il deposito della stessa, mentre la DIA diventava efficace decorsi 20 giorni dal deposito.

La norma statale della SCIA (art. 19, c. 2, L. 241/90) dispone che "l'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione .. ": è evidente che i lavori possono essere avviati immediatamente, ma non è escluso l'avvio dei lavori in un secondo momento. Il testo della proposta di legge regionale n. 90/2011, poi approvata con L.R. 40/2011, prevedeva espressamente la possibilità che la SCIA, seppure efficace fin dalla data di deposito, poteva essere suscettibile di inizio dei lavori successivamente, entro un anno dalla data di deposito, in coerenza con gli altri titoli edilizi (Permesso di Costruire e DIA).

Il testo approvato non sembra confermare tale facoltà al titolare della SCIA.
L'art. 84 "disciplina della SCIA" , al comma 5, dispone: "la SCIA è sottoposta ad un termine massimo di efficacia pari a tre anni dalla data di presentazione. L'inizio dei favori è contestuale alla presentazione della SCIA..." . La norma dispone altresì che alla SCIA, ove dovuto, deve essere allegato il DURC, e che la mancata presentazione dello stesso rende inefficace la SCIA.

Lo strumento della SCIA è stato introdotto nell'ordinamento al fine di semplificare gli adempimenti burocratici connessi ai procedimenti amministrativi, in modo da poter consentire l'immediato avvio dei lavori. La produzione del DURC implica che l'interessato abbia già individuato la ditta esecutrice dei lavori ed appaltati gli stessi.
Imporre l'obbligo di produzione del DURC contestualmente al deposito della SCIA, pena l'inefficacia della stessa, senza prevedere la possibilità di avviare i lavori in un secondo momento, e quindi di differire la presentazione dei DURC, sembra andare in direzione opposta rispetto alla finalità della legge.

Nella predisposizione della modulistica (luglio 2011), in assenza di specifiche disposizioni legislative, questo Ufficio aveva ritenuto che per la SCIA si applicassero gli stessi termini già previsti per la DIA e per il Permesso di Costruire: tant'è che il modulo prevedeva un'apposita sezione ove si comunicava o l'immediato inizio dei lavori (con allegati i relativi documenti fra cui il DURC), ovvero si differiva la comunicazione di inizio ad una data successiva, comunque entro un anno dal deposito.
II modulo della SCIA è stato nuovamente adeguato a seguito dell'entrata in vigore della L.R. 40/2011, senza però apportare modifiche alla sezione relativa all'inizio dei lavori.
Stante la formulazione dell'art. 84, c. 5, L.R. 1/2005, diventa necessario adeguare immediatamente la modulistica in uso al Comune di Arezzo, imponendo l'obbligo di presentazione del DURC contestualmente al deposito della SCIA.

Nell'incontro con i rappresentanti degli Ordini professionali l'Ufficio ha ricordato che la giurisprudenza ha affermato il principio consolidato che l'inizio dei lavori non può essere riferito solo ad opere preliminari quali la semplice recinzione dell'area, magari eseguita in economia; necessita invece che vi sia un'effettiva attività (uomini e/o mezzi e/o materiali) che dimostri l'effettivo inizio dei lavori rispetto allo specifico titolo legittimante.
Pertanto non può essere assunta come dichiarazione di inizio lavori l'esecuzione in economia delle opere preliminari, quale la recinzione dell'area di cantiere.

4) Sulla necessità di allegare l'autorizzazione del Genio Civile per la formazione dei titoli edilizi.

In generale la legge regionale 01/05 prevedeva (per le DIA ed i permessi) e prevede (per le SUA ed i permessi), che per la formazione del titolo è necessario che la pratica sia corredata di "ogni parere, nulla-osta o atto di assenso comunque denominato necessario per potere eseguire i lavare ...".
Si è posta l'esigenza di chiarire se fra tali atti di assenso sia compresa anche l'autorizzazione del Genio Civile per l'inizio dei lavori nelle zone sismiche.
La dizione letterale della norma potrebbe indurre a ritenere che tale autorizzazione debba essere allegata al deposito della SCIA, o necessaria per il rilascio del Permesso di Costruire.

L'articolo 105, comma 2, della L.R. 01/05 precisa che i titoli abilitativi (SCIA e Permesso di Costruire) possono essere richiesti o rilasciati prima dell'autorizzazione del Genio Civile. Non è pertanto necessario allegare tale autorizzazione ai titoli edilizi.
Costituisce eccezione a tale principio il solo caso in cui l'intervento proposto riguardi un'addizione funzionale oltre 40 mq di Sul (fino a 60 mq), così come disciplinata dall'art. 36, c. 2 delle NTA del R.U.. In questo caso, la dimostrazione che il progetto verifica l'adeguamento dell'edificio esistente alla disciplina antisismica, costituisce il presupposto per il riconoscimento della quantità edificatoria assegnata dal R.U.. Necessita pertanto che il deposito della SCIA sia corredato dell'autorizzazione del Genio civile, ovvero del progetto strutturale dell'edificio, accompagnato dall'asseverazione del professionista che attesta la sussistenza del requisito richiesto.

Il Direttore dell'Ufficio Edilizia
Arch. Roberto Calussi

8 commenti:

Anonimo ha detto...

complimenti a Roberto Calussi per la disamina (quanto tempo sarà costata ....) ma, vista la sua posizione, non poteva fare altro che definire le conseguenze sul R.U..
Noi usiamo un'ottica diversa che è quella degli interessi professionali ed economici, sia personali che dei cittadini: A me sembra impossibile che un Comune possa approvare (con il parere favorevole della Regione) un Regolamento Urbanistico che il giorno dopo la Regione modifica anche profondamente, vanificando progetti predisposti e presentati: occorrerebbe far passare una Legge per la quale i R.U. rimangono gli stessi per la durata della loro validità anche se la Regione - che li ha approvati - successivamente legifera in maniera più restrittiva. Paolo Berti

inarsindarezzo ha detto...

Paolo, ma non sarebbe meglio che la Regione, come tutti gli enti pubblici, smettesse di legiferare, dato che ad ogni legge che si aggiunge aumenta il disordine e il caos e si perde del tutto il contatto con la realtà? Questi pensano che il loro lavoro sia fare leggi (ed è vero, sono il potere legislativo) ma a questo punto il loro lavoro sarebbe togliere molte leggi e semplificare le poche rimanenti.
Quando a luglio i giornali annunciarono: il Parlamento non va in ferie, francamente ho pensato che fosse un disastro. Sarebbe stato un mese in più di danni.
Mi spiace fare il qualunquista ma la situazione è insostenibile e questa del 20% è solo l'ultima goccia in una mare di idiozie che bloccano, non solo in campo urbanistico, ogni attività. Il paese è strangolato dalla burocrazia, non solo noi progettisti.
Basta leggere la legge 1/2005 e vedere come è strutturata: per trovare le varie tipologie di titoli amministrativi quali varianti in corso d'opera, variazioni essenziali ecc. bisogna andare al capitolo "Sanzioni". Esattamente come la prima legge sul condono, cioè la madre, matrigna, di tutta la legislazione urbanistico-edilizia successiva.
Una mente logica e razionale, e che non vedesse il cittadino come un nemico da punire, avrebbe dovuto scrivere:
1) si può costruire con permesso di costruire e DIA (ora SCIA).
2) Sono ammesse varianti in corso d'opera, con queste condizioni, e varianti essenziali, con queste altre condizioni.
3) Infine, chi trasgredisce è soggetto alle seguenti sanzioni.
Troppo facile sarebbe stato.
Ma quello che dici te è giusto: ci sono centinaia di comuni che vedono inficiato il loro lavoro, che è costato milioni di euro. E poi si lamentano dei tagli!!!!!
Ciao
Pietro

Pietro Pagliardini ha detto...

Mi accorgo ora di avere lasciato un commento con l'account del blog INARSINDAREZZO di cui sono amministratore insieme a Cinelli invece che con il mio personale.
Poiché il commento è assolutamente personale e non può coinvolgere INARSIND mi scuso per l'errore.
Pietro Pagliardini

Anonimo ha detto...

Questa modifica della legge 1/2005, per quello che riguarda le cosiddette “addizioni funzionali” restringe le possibilità in modo inaccettabile.
In questo momento di crisi epocale, questa modifica elimina, di fatto:
• una delle pochissime fonti di lavoro ancora possibile per liberi professionisti, per imprese edili, rivenditori di materiali edilizi e tutti i settori collegati;
• la possibilità per molte famiglie di adattare la propria abitazione alle mutate esigenze;
• la possibilità dei comuni di riscuotere oneri di urbanizzazione.

Gli edifici civili in zona esterna alla città sono stati “ingessati” e “imbalsamati”

Le addizioni funzionali, per la loro natura, possono essere realizzate dove c’è spazio lateralmente, poiché, per le norme antisimiche, è improponibile una addizione in sopraelevazione. Perciò la gran parte delle addizioni di questo genere può essere realizzata in zona rurale.
Ma proprio nella zona “a prevalente funzione agricola” (ovvero fuori città) gli edifici abitativi sono stati “ingessati” e “imbalsamati”

La possibilità di fare più pratiche del 20% fino al raggiungimento delle possibilità offerte dal RU è solo teorica e appare improponibile prima di tutto ai cittadini.

L’ingessamento degli edifici abitativi in zona rurale deriva:
• dall’art. 44 della lr 1/2005 che prevede per le zone rurali la sola possibilità di fare “ristrutturazione urbanistica” per evitare nuove unità edilizie e nuovo consumo di suolo;
• dal TU per l’edilizia (D.P.R. 380 2001, art. ) che stabilisce che nella “ristrutturazione edilizia” non si possono avere modifiche della sagoma.
Alessandro Cinelli

Anonimo ha detto...

Ma il Regolamento Urbanistico di Arezzo come di altri comuni allora è da buttare in una delle poche cose che funzionava?

Se non sbaglio, il RU di Arezzo è stato adottato nel novembre 2009.
L’art. 44 della lr 1/2005 è stato modificato un anno prima (novembre 2008).
Che cavolo hanno fatto gli amministratori del Comune di Arezzo? Non se ne erano accorti?
Nel RU adottato hanno sbandierato la possibilità di aggiunte di 30 o 50 mq, in zona non urbana, come fosse semplice ristrutturazione edilizia quando già la Regione di fatto le aveva già bloccate!
Cosa hanno detto quando la regione bloccava le zone agricole nel 2008?
Se ne accorgono solo ora?
Il RU è tutto da rifare !!!

Federico Bobini

Anonimo ha detto...

Come professionista mi sento indignato e penso che il Legislatore prima di scrivere certe norme è meglio che si consulti con i professionisti e non solo con le rappresentanze politiche fra le quali metto anche gli Ordini Professionali.
Sunto di quanto scritto su Informarezzo.com il 24/08/2011

L'ignoranza genera sempre dei geni.

Azelio Crulli

Anonimo ha detto...

Ho ricevuto il comunicato del sindacato relativo alla modifica della legge regionale 1/2005 e della sua influenza sul testo normativo del regolamento urbanistico. Ho letto anche alcuni commenti fatti da colleghi e devo dire che, ad esclusione di chi affronta il problema radicalmente, gli altri hanno sempre il sapore di una cosa fritta e rifritta. Lamentarsi sulle possibili interpretazioni di addizione volumetrica, ristrutturazione o di qualche altro inutile accidente, sembra ormai divenuto lo standard degli architetti toscani. Capisco che la crisi economica e la mancanza di lavoro sia un dato drammatico, però non possiamo dimenticare che le problematiche da affrontare sono sicuramente altre.
Noi professionisti, operanti nella progettazione, dovremmo avere una visione di maggior respiro senza autolimitarci al solo esame delle norme burocratiche.
La regione deve smettere di legiferare inutilmente. Persistere nell’atteggiamento di produzione di surplus normativo danneggia la libertà dei cittadini, la loro libera iniziativa economica e dequalifica il prodotto edilizio, con rilevante conseguenza nella definizione degli scenari urbani.
Il sindacato, unitamente alle rappresentanze delle altre provincie toscane, dovrebbe organizzare una resistenza civile nei confronti della dittatura burocratica regionale.
Non è più tempo di documenti o micro conferenze senza risultato. Non appaiono affidabili neanche i nostri rappresentanti in consiglio regionale, tutti concentrati sulle loro questioni ma totalmente assenti nei confronti degli interessi dei cittadini. Peraltro, alcuni di loro, non sanno neanche di che cosa stiamo trattando. Di conseguenza mai e poi mai potranno immaginare le ricadute che si determinano a causa della loro distrazione.
Avete mai provato ad elaborare un piano di recupero od una lottizzazione passando attraverso le maglie della valutazione integrata? Ebbene, per coloro che hanno affrontato la prova occorre veramente il rilascio di una “medaglia al merito”. Avete mai sentito un consigliere di maggioranza o minoranza porsi una qualche domanda sul mostruoso incremento burocratico che l’attuazione delle valutazioni integrate determinano sulla spalle di aziende e professionisti?
Ecco quali sono i problemi che, una volta rimossi, potranno mettere in condizione gli enti locali di poter elaborare strumentazioni urbanistiche adeguate alle esigenze dei propri amministrati.
Avete mai fatto una riflessione sulla evidente inutilità del piano strutturale e del regolamento urbanistico?
Pensate voi che la strumentazione urbanistica generale di Arezzo o di una qualsiasi delle città toscane potrà mai produrre ambiti urbani diversi e migliori?
Io credo proprio di no.
Coloro che hanno avuto passate esperienze di progettazione nel campo sanno benissimo che un PRG, studiato attentamente, aveva al suo interno tutte le necessarie cautele e tutele che si dovrebbero riscontrare nell’ambito della doppia strumentazione oggi vigente. Il tutto però con significativi vantaggi di lettura, interpretazione ed applicazione temporale delle previsioni.
Ragazzi, la regione con la sua follia deliberativa, ha sottratto il PRG dalla necessità sostanziale di un’idea di progetto per consegnarlo, armi e bagagli, alla perversione del piano strutturale e del regolamento urbanistico dei legulei.
Un cittadino qualsiasi, nel caso voglia sapere quali opportunità gli vengono riservate per l’utilizzo di un suo bene immobile, non deve andare dall’architetto ma dall’avvocato. E’ come se, malato, la legge ti imponga di andare dal commercialista invece che dal medico.
A questo dobbiamo tutti ribellarci
Pertanto non dobbiamo perdere tempo ad esercitarsi in ili interpretazioni di norme, delibere ed inutili scartoffie. Dobbiamo attivarci direttamente con la nostra controparte, la regione.
(continua nel post successivo)(Mario Maschi)

Anonimo ha detto...

A questo punto non si può neanche sottacere la modestia comportamentale del nostro Ordine. Sono assolutamente favorevole alla sua abrogazione ed alla sua sostituzione con libere associazioni di architetti. Nei tristi comunicati che riceviamo si leggono solo “tentativi di correzione delle NTA” da esercitarsi in “un dialogo con le amministrazioni”. Poveri noi, nessuno che abbia il coraggio civile di dire che la gran parte dei regolamenti urbanistici non servono a niente e che rimpiangiamo, malgrado alcuni evidenti errori, i PRG del passato.
I più anziani si ricorderanno del magnifico impianto infrastrutturale del PRG Venturini. Il Manubrio, alias Tangenziale, è stato un prodotto di quell’idea di città. Poi le discussioni sul PRG Gregotti, piano della cosiddetta “terza generazione”. Quante idee, la Cerniera, il Garbasso, Ceciliano ecc. Si poteva non condividere ma si parlava della città. Allora, caro Presidente dell’Ordine non ti trastullare con comunicati congiunti tra Geometri ed Ingegneri, vai al sodo e prendi posizione.
Altrimenti possiamo fare a meno del tuo ruolo!
Voglio concludere poi con una valutazione di carattere generale. La nostra Italia è oggi in grande crisi. Si cercano motivazioni nella globalizzazione dei fondamentali dell’economia. Si fanno manovre e manovrine correttive. Nessuno però riuscirà mai a convincermi che se potessimo, per lo specifico del nostro settore, ritornare alla vecchia 1150/42, integrata dai D.M. 1444/68, avremmo buoni PRG, sui quali accapigliarci per la formulazione di “buoni progetti”.
Il resto al macero delle ideologie.
Con amicizia per tutti
Mario Maschi