La categoria dei Liberi professionisti
deve provvedere alla sua difesa con tutti i mezzi più risoluti, attraverso organizzazioni sindacali ad adesione libera,
sottratte ad ogni disciplina e gerarchia statale, limitate ai soli puri professionisti,
ossia a coloro che, unicamente da contratti di opera e mai da remunerazioni a tempo o a stipendio e quindi da lavoro subordinato,
anche se intellettualmente di alto grado, traggono i materiali mezzi della propria sussistenza".
Amadeo Bordiga, cofondatore del Sindacato Ingegneri Liberi Professionisti – Napoli, 1950

giovedì 26 aprile 2012

EDILIZIA AREZZO: VOGLIAMO LE CONSULENZE (E LA VARIANTE AL RU)

E’ insopportabile dire “l’avevamo detto”, però noi l’avevamo detto: la procedura di preistruttoria crea problemi a tutti. E tanto per essere ancora più insopportabili, diciamo anche che ci voleva poco a prevedere che il sistema non avrebbe potuto funzionare: non siamo in Svizzera, abbiamo norme particolarmente cervellotiche e inoltre non era, e non è, accettabile un sistema che, di fatto, blinda l’ufficio al normale rapporto con il pubblico e con i liberi professionisti in particolare.

Non era questa la procedura di cui avevamo, e abbiamo ancora, bisogno: in un momento in cui l’ufficio edilizia stesso non è in grado di dare risposte certe alle inestricabili regole del Regolamento Urbanistico, c’era, e c’è, bisogno di consulenze, quelle di base, quelle minime di partenza riassumibili nella banalissima ma autentica frase: “Che ci posso fare qui?”. Occorreva intervenire dalle fondamenta e invece si è voluto, chissà perché, cominciare dal tetto. Oggi sappiamo tutti che il vero problema è l’interpretazione della norma e non solo di quella già ingrata del RU, ma anche delle molteplici altre che ad esso si intrecciano e sovrappongono in un labirinto senza via di uscita.
C’è bisogno di una rapporto collaborativo tra uffici e liberi professionisti, un rapporto certamente regolato, data la forte pressione, ma un rapporto anche umano in cui noi non dobbiamo sentirci un impiccio e un problema: il problema è il piano e non l’ufficio edilizia o i professionisti che sono i primi a subirne le conseguenze. In fondo, è bene ricordarlo, siamo cittadini e lo stato - e il comune è “stato”- ci appartiene e non viceversa, almeno in teoria. La qualità della nostra vita professionale, prescindendo anche dai non secondari problemi economici, è fortemente peggiorata negli ultimi tempi e non esiste un solo motivo per doverla incrudire con procedure impervie.
Non che in linea di principio una prestruttoria, soprattutto per le SCIA, sia deprecabile. Ma le procedure non sono invenzioni e regole fini a se stesse; esse devono essere inserite e calibrate nel contesto della situazione reale e in relazione alla assoluta straordinarietà della normativa vigente, devono tenere conto delle reali possibilità dell’ufficio e dei veri bisogni di coloro che i progetti li firmano. Queste condizioni, così appare dai risultati, non sono state considerate e i liberi professionisti si sono trovati una nuova regola pre-confezionata, senza alcuna comunicazione da parte dell’amministrazione, se non a cose fatte, senza consultazione. La procedura non mostra solo una impersonale e burocratica “criticità” ma denuncia semplicemente il suo fallimento.
E adesso? C’è qualche speranza che possa essere abbandonato il sistema dopo che è stato pagato anche il consulente che però non ci sembra abbia dato buoni consigli? Noi ci auguriamo che sia possibile e che si valuti ciò che effettivamente serve: consulenza sull’interpretazione delle norme e massima disponibilità a dialogare.
Non le abbiamo scritte noi quelle norme e anzi ci siamo opposti ma non siamo stati minimamente ascoltati. Adesso dimentichiamo come è nato quel piano e affrontiamo la situazione alla luce delle risultanze.
Noi chiediamo due cose:
- Un servizio di consulenza programmato ed efficiente, ma amichevole, user friendly, come si dice, che ci permetta di dare risposta alle domande dei nostri clienti (pochi, ma, proprio per questo, più importanti che mai):

- La Variante al Regolamento Urbanistico per tutta la parte che riguarda l'art.55 comma 1 lettera a, cioè per il patrimopnio edilizio esistente.

Sappiamo che esiste un problema economico, ma questa è una emergenza ed ha priorità assoluta e d’altra parte se si spendono soldi per una consulenza procedurale non necessaria, si possono spendere anche per una consulenza di qualità per la inderogabile variante al piano. Non abbiamo più tempo e non possiamo lasciare marcire la situazione.
Due mesi fa INARSIND ha organizzato un’assemblea pubblica in Comune dove un grandissimo numero di professionisti ha chiesto di procedere velocemente alla variante al RU. L’assessore ha poi promesso iniziative al riguardo ma fino ad oggi non ci sono stati segnali. I professionisti aretini sono in una crisi profonda, molto più accentuata rispetto al resto d’Italia. Moltissimi colleghi ritengono che per sbloccare la situazione siano necessarie iniziative clamorose.
Noi speriamo che l’Amministrazione, silenziosa come non mai, dica qualcosa e soprattutto faccia qualcosa, e lo faccia anche per bene, dato che non possiamo più permetterci di sbagliare.


giovedì 19 aprile 2012

E' COSI' CHE SI SOSTIENE L'ECONOMIA DI UNA CITTA'?


E’ clamoroso! In questo periodo di crisi economica generale, questo Regolamento Urbanistico sembra fatto per dare il colpo di grazia all’economia della città. Se un imprenditore artigiano o  industriale si trova nella necessità di ampliare la propria azienda e assumere qualcuno, cosa avviene?  Avviene che, norme alla mano, non può fare niente! Norme assurde, tempi biblici e immobilismo. Immobilismo che, in questi casi, significa o chiudere bottega o emigrare altrove.
Con il PRG il Comune fissa regole di modificazione della città valide per tutti i cittadini intesi come singoli individui ma anche come soggetti facenti parte di vari corpi sociali quali categorie economiche, associazioni culturali, sindacati, scuole e quant’altro. Il PRG è dunque  uno strumento che può sviluppare le numerose attività presenti nella nostra società, incentivando un settore piuttosto che un altro, in base a scelte contingenti o strategiche.
Purtroppo il Regolamento Urbanistico di Arezzo, oltre che povero dal punto di vista del disegno, non fornisce risposte né ai cittadini né alle attività produttive ed anzi, rispetto a queste ultime, penalizza proprio chi avrebbe la possibilità di espandersi facendo del bene non solo alla propria azienda ma a tutta la collettività.
Un caso tra i tanti che ogni giorno si scoprono - e in questo senso il RU non riesce mai a deluderci - riguarda proprio le aree produttive. Proveremo a spiegarlo cercando di limitare i tecnicismi.

Si prenda il caso di una azienda che abbia costruito la propria sede con il precedente PRG, esaurendo tutta la superficie coperta a disposizione, pari al 60% della superficie del  lotto. Consideriamo ad esempio un lotto di 1000 mq con un capannone di 600 mq. Poniamo che oggi l’azienda abbia necessità di aumentare il numero di occupati e quindi voglia realizzare un piano ammezzato di 200 mq nella fabbrica alta 7 metri. Un’opera semplice: qualche pilastro, travi e solaio. Un’opera che non incide sulla superficie libera rimasta, un’opera racchiusa dentro l’involucro dell’edificio esistente e che nemmeno si vede dall’esterno salvo qualche finestra in più. Ebbene, non la potrà fare. Perché? Perché le norme attuali consentono una occupazione del lotto di 400 mq invece dei 600 precedenti!

Per essere più precisi, lo potrebbe fare ma a condizione che riporti la superficie del fabbricato esistente a 400 mq e, detto senza eufemismi, a condizione di demolire 200 mq di capannone. Avete letto bene: demolire 200 mq di capannone (operazione spesso impossibile oltre che insensata) per rifare gli stessi 200 mq necessari al piano superiore!
Questa norma non è solo astratta - difetto che dimostra il distacco dalla realtà delle cose - ma è anche inutilmente punitiva e “non sostenibile” nel senso politicamente corretto del termine. Privilegiare una norma di questo tipo, costringendo quindi l’azienda o a non crescere e a non creare nuova occupazione, oppure a trasferirsi in altra sede (possibilmente fuori di Arezzo, dove è più facile e gli imprenditori vengono di norma accolti a braccia aperte) significa sì avere un disegno per la città, ma depressivo e ostile anche al minimo sviluppo.

La conseguenza logica è che queste norme del piano non possono in alcun modo essere aggiustate, essendo troppe le variabili imprevedibili e tutte negative, ma solo azzerate e riscritte con spirito positivo aperto alla realtà. Tanto meno questa riscrittura potrà essere fatta dallo stesso ufficio che ha contribuito alla redazione di norme del genere.

Alessandro Cinelli  e Pietro Pagliardini Architetti INARSIND Arezzo.

P.S.
Se qualcuno pensasse che abbiamo scritto questo post dopo aver alzato il gomito  (e avrebbe tutte le ragioni per crederlo) diamo il riferimento normativo: NTA del RU di Arezzo, art. 77, comma 11, che rimanda al comma 2 del medesimo articolo.

venerdì 6 aprile 2012

INARCASSA AD AREZZO: SOSTENIBILITA' A 50 ANNI

Il 5 aprile si è svolto ad Arezzo l'incontro programmato da INARCASSA per illustrare le azioni che la cassa dovrà intraprendere in ordine all'obbligo di legge del così detto "Decreto salva Italia" per poter garantire la sostenibilità economica nell'arco temporale dei cinquanta anni.

Era presente il Presidente di INARCASSA Arch. Paola Muratorio, che ha tenuto la relazione introduttiva. Successivamnete è interventuo il prof. Alesandro Trudda, docente di matematica attuariale, i qualità di consulente di INARCASSA.

Di questo incontro, che è stato video-registrato interamente, pubblichiamo tutto l'intervento dell'arch. Muratorio, rinviando i commenti e l'intervento del prof. Trudda ai prossimi giorni.

Purtroppo la 2° Parte, data la lunghezza, è stata elaborata in bassa risoluzione e non tutte le tabelle sono chiaramente leggibili. Ce ne scusiamo.