Non era questa la procedura di cui avevamo, e abbiamo ancora, bisogno: in un momento in cui l’ufficio edilizia stesso non è in grado di dare risposte certe alle inestricabili regole del Regolamento Urbanistico, c’era, e c’è, bisogno di consulenze, quelle di base, quelle minime di partenza riassumibili nella banalissima ma autentica frase: “Che ci posso fare qui?”. Occorreva intervenire dalle fondamenta e invece si è voluto, chissà perché, cominciare dal tetto. Oggi sappiamo tutti che il vero problema è l’interpretazione della norma e non solo di quella già ingrata del RU, ma anche delle molteplici altre che ad esso si intrecciano e sovrappongono in un labirinto senza via di uscita.
C’è bisogno di una rapporto collaborativo tra uffici e
liberi professionisti, un rapporto certamente regolato, data la forte
pressione, ma un rapporto anche umano in cui noi non dobbiamo sentirci un
impiccio e un problema: il problema è il piano e non l’ufficio edilizia o i
professionisti che sono i primi a subirne le conseguenze. In fondo, è bene ricordarlo,
siamo cittadini e lo stato - e il comune è “stato”- ci appartiene e non
viceversa, almeno in teoria. La qualità della nostra vita professionale,
prescindendo anche dai non secondari problemi economici, è fortemente
peggiorata negli ultimi tempi e non esiste un solo motivo per doverla incrudire
con procedure impervie.
Non che in linea di principio una prestruttoria,
soprattutto per le SCIA, sia deprecabile. Ma le procedure non sono invenzioni e
regole fini a se stesse; esse devono essere inserite e calibrate nel contesto
della situazione reale e in relazione alla assoluta straordinarietà della
normativa vigente, devono tenere conto delle reali possibilità dell’ufficio e
dei veri bisogni di coloro che i progetti li firmano. Queste condizioni, così appare
dai risultati, non sono state considerate e i liberi professionisti si sono
trovati una nuova regola pre-confezionata, senza alcuna comunicazione da parte
dell’amministrazione, se non a cose fatte, senza consultazione. La procedura
non mostra solo una impersonale e burocratica “criticità” ma denuncia
semplicemente il suo fallimento.
E adesso? C’è qualche speranza che possa essere
abbandonato il sistema dopo che è stato pagato anche il consulente che però non
ci sembra abbia dato buoni consigli? Noi ci auguriamo che sia possibile e che
si valuti ciò che effettivamente serve: consulenza sull’interpretazione delle
norme e massima disponibilità a dialogare.
Non le abbiamo scritte noi quelle norme e anzi ci
siamo opposti ma non siamo stati minimamente ascoltati. Adesso dimentichiamo
come è nato quel piano e affrontiamo la situazione alla luce delle risultanze.
Noi chiediamo due cose:
- Un servizio di consulenza programmato ed efficiente, ma amichevole, user friendly, come si dice, che ci permetta di dare risposta alle domande dei nostri clienti (pochi, ma, proprio per questo, più importanti che mai):
- La Variante al Regolamento Urbanistico per tutta la parte che riguarda l'art.55 comma 1 lettera a, cioè per il patrimopnio edilizio esistente.
Sappiamo che esiste un problema economico, ma questa è una emergenza ed ha priorità assoluta e d’altra parte se si spendono soldi per una consulenza procedurale non necessaria, si possono spendere anche per una consulenza di qualità per la inderogabile variante al piano. Non abbiamo più tempo e non possiamo lasciare marcire la situazione.
- La Variante al Regolamento Urbanistico per tutta la parte che riguarda l'art.55 comma 1 lettera a, cioè per il patrimopnio edilizio esistente.
Sappiamo che esiste un problema economico, ma questa è una emergenza ed ha priorità assoluta e d’altra parte se si spendono soldi per una consulenza procedurale non necessaria, si possono spendere anche per una consulenza di qualità per la inderogabile variante al piano. Non abbiamo più tempo e non possiamo lasciare marcire la situazione.
Due mesi fa INARSIND ha organizzato un’assemblea
pubblica in Comune dove un grandissimo numero di professionisti ha chiesto di
procedere velocemente alla variante al RU. L’assessore ha poi promesso
iniziative al riguardo ma fino ad oggi non ci sono stati segnali. I
professionisti aretini sono in una crisi profonda, molto più accentuata
rispetto al resto d’Italia. Moltissimi colleghi ritengono che per sbloccare la
situazione siano necessarie iniziative clamorose.
Noi speriamo che l’Amministrazione, silenziosa come
non mai, dica qualcosa e soprattutto faccia qualcosa, e lo faccia anche per
bene, dato che non possiamo più permetterci di sbagliare.