La categoria dei Liberi professionisti
deve provvedere alla sua difesa con tutti i mezzi più risoluti, attraverso organizzazioni sindacali ad adesione libera,
sottratte ad ogni disciplina e gerarchia statale, limitate ai soli puri professionisti,
ossia a coloro che, unicamente da contratti di opera e mai da remunerazioni a tempo o a stipendio e quindi da lavoro subordinato,
anche se intellettualmente di alto grado, traggono i materiali mezzi della propria sussistenza".
Amadeo Bordiga, cofondatore del Sindacato Ingegneri Liberi Professionisti – Napoli, 1950

ARCH. MARINO BOTTI: Riordino province e mal di pancia


CIRCA LE PROPOSTE DI RIORDINO DELLE PROVINCE IN TOSCANA E I VARI MAL DI PANCIA 


Sono convinto che quando un lettore si accinge a leggere l’opinione di un libero professionista, di un architetto aretino, circa la vicenda del Riordino delle Province, può mettere nel conto un contributo diverso da quello dei più noti politici nostrani, quasi tutti riconducibili allo slogan “Arezzo Capoluogo di Provincia, Boia chi Molla”.

Lascio quindi ai politici di mestiere (parlamentari nazionali e regionali, sindaci e presidenti di enti ed associazioni) gli argomenti sulla ritrovata “Identità Aretina”.
Ma a costoro dico: attenti al “fuoco amico”, soprattutto se si pensa di usare le associazioni di categoria come carne da cannone...
Non sembrerebbe infatti che questi rivoluzionari barricadieri, tutti in piedi sulle sudatissime poltrone e coraggiosamente eretti a difesa dello “status quo”, siano seguiti da folle acclamanti. Con buona pace dei giornalisti!
Ogni battaglia si conclude inevitabilmente facendo il bilancio dei benefici e degli svantaggi conseguiti e non delle opinioni dei combattenti. Pertanto il valore ed il merito di questi politici verrà stabilito non in base ai tonfi delle cartucce sparate ma alla consistenza degli obiettivi colti.
Giudici saranno non solo i loro elettori ma anche i loro ed i nostri figli.

Premesso ciò, vorrei ricostruire la vicenda e tratteggiare velocemente gli argomenti secondo me trascurati.

Tutto nacque con la “spending review”: risparmiare, tagliare i costi della politica, cominciando urgentemente dallo scioglimento di tutte le province. Obiettivo derubricato in “riordino” per evitare la modifica alla Costituzione sotto l’incalzare dello “spread”, e per scongiurare i ricorsi, da parte della suddetta casta non certo da parte della gente comune.
Se il “riordino delle province” è quindi solo un compromesso, non va utilizzato per conservare lo “status quo” ma per contribuire al risanamento del Paese e per renderlo globalmente competitivo.
Ogni proposta dovrebbe perciò essere valutata e misurata per quanto fa “RISPARMIARE” all’Erario e per quanto riesce ad “OTTIMIZZARE” lo Stato.

A)    RISPARMIARE

Mutuando le regole delle “3R” dal linguaggio della sostenibilità ecologica, risparmiare dovrebbe significare ridurre, riutilizzare, riciclare:

1)   Ridurre gli Enti, accorpando le province incongrue e i comuni
      piccoli (quanto hanno contribuito i politici rivoluzionari di cui sopra, singolarmente presi, a far fallire i tentativi fin qui fatti sia in Casentino che in Valdarno!);
2)   Riutilizzare le risorse umane, ricorrendo alla mobilità;
3)   Riciclare le risorse tecniche e materiali usate per le vecchie funzioni delle province, utilizzandole come sostegno, stimolo, ausilio e intervento sussidiario rispetto alle funzioni dei comuni e della regione stessa, a sua volta sprecona ed inefficiente (soprattutto sul piano della pianificazione economica e territoriale...)

B)    OTTIMIZZARE

Ottimizzare le funzioni dovrebbe significare attualizzarle, sia riperimetrando l’ambito territoriale, sia ridefinendo il tipo di servizio, sia fissando degli obiettivi concreti:

1)      Riperimetrare, disegnando la nuova provincia o area vasta con gli aretini dentro non come se si trattasse di una “Piccola Patria”, ma tenendo conto che i distretti industriali dell’Aretino sono strettamente interdipendenti con quelli del Valdarno e addirittura del Pratese.
Che le infrastrutture esistenti (Direttissima e A1) e quelle auspicabili e sostenibili (aeroporto di Peretola, Due Mari, metropolitana di superficie nella ferrovia lenta) costituiscono un organismo indivisibile.
Che il sistema delle risorse idriche e di quello dei rifiuti è già nei fatti interconnesso.

            -Se questa premessa ha un senso, la ri-perimetrazione dovrebbe prevedere un’Area Vasta a carattere prevalentemente industriale e metropolitano che va da Arezzo a Pistoia, comprendendo Firenze e Prato.

      Alla luce della velocità attuale delle comunicazioni materiali ed immateriali l’ambito territoriale della Toscana Orientale o Toscana Interna non è certo più dilatato di come doveva sembrare il territorio della Provincia di Arezzo nel 1861!!!

      -L’altra Area Vasta non è solo un fatto residuale: si tratta della Toscana Occidentale o Toscana Costiera che comprende Massa, Lucca, Pisa, Livorno, e per me anche Grosseto e Siena, tenuta insieme da quella spina dorsale costituita oggi dalla Nuova Aurelia e presto dalla Nuova Autostrada Litoranea.

      La Toscana Beach (Massa, Lucca, Livorno) e laToscana Country (Siena, Grosseto)  potrebbero in realtà procedere divise, come dicono tutte le proposte fin qui avanzate, ma quello che non serve per essere competitivi è semplicemente dannoso.

     
2)      Limitare le funzioni: abbandonare l’ambizione tacita alla base delle vecchie Province di svolgere tutte le funzioni amministrative possibili, pure con doppioni. Per le funzioni amministrative oggi basterebbe la de-burocratizzazione attraverso la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e l’individuazione di una rete di sportelli (mi riferisco alle pratiche amministrative di Prefettura, Catasto, Soprintendenza, Genio Civile, ecc. )
Occorre pensare quindi all’Area Vasta come ad un efficiente e snello Distretto Economico e/o Comprensorio Ambientale in grado di incidere sul piano dello Sviluppo Sostenibile del Territorio e dell’Economia e di competere globalmente ottimizzando soprattutto tre macro-funzioni:
1°-ambiente-rifiuti-acqua,
2°-trasporti-strade-protezione civile,
3°-istruzione-formazione professionale-turismo.      

3)      Gli obiettivi sostenibili:

-Soltanto Due Aree Vaste, non in competizione ma solidali tra loro!!!
Istituzioni snelle a livello intermedio, in competizione sussidiaria coi loro stessi Comuni  (dicasi sussidiarietà orizzontale e verticale nei servizi pubblici locali) e con la Regione stessa (dicasi sussidiarietà e partecipazione pesante nella pianificazione e nella legiferazione)
     
      -Una Toscana Interna la cui economia di scala sia in grado di competere per PIL ed esportazioni non solo col Nord-Est d’Italia ma con le regioni più sviluppate d’Europa, come esperti analisti hanno già commentato!!!

      -Una Toscana Esterna competitiva a scala globale per il mare ed il paesaggio: una carta comune da giocare non solo nel turismo ma nella politica dei collegamenti interni al Mediterraneo (porti commerciali e turistici con relative infrastrutture).

Concludendo.

Si tratta solo di una “architectural charm”, di una suggestione artistica?
Non è romantica come l’idea di “Arezzo-Piccola Capitale” o di una “Toscana del Sud-Piccola Patria” con tanto di corredo ottocentesco dello sbocco al mare e della protezione fisica delle montagne?

Ebbene, se la Madre di tutte le Battaglie è la competizione mondiale, fra tutte le suggestioni sarei per sceglierne una contemporanea, che possa far navigare e competere la Toscana (con Arezzo) e l’Italia non solo nell’immaginario ma anche nell’economia globale!!!

Arezzo, lì 31-08-2012

Architetto Marino Botti

3 commenti:

Paolo Casalini ha detto...

Molto interessante poichè l'unico commento sensato e controcorrente che ho letto da due mesi a questa parte. Io ero e resto fautore della abolizione dell'ente provincia con passaggio delle deleghe fin dove possibile, ai comuni. Ciò che mi spaventa, in questa riforma, e non è esente nemmeno l'idea esposta dall'arch.Botti, è che tanto potere finisca nelle mani di enti di secondo livello. Enti in cui il potere appartiene a dei nominati dalle segreterie di partito. Posso solo immaginare il verminaio che sboccerebbe come per incanto... La seconda obiezione, nasce dal fatto che sono un legalista. Le provincie sono un organo costituzionale e attraverso la modifica della costituzione devono passare. Le scorciatoie, anche solo in linea di principio a questi capisaldi, mi fanno una paura boia...

Pietro Pagliardini ha detto...

Molto articolata e ricca di suggestioni e spunti la proposta di Marino Botti. Alcune note:
il taglio delle province non nasce dalla spending review, che ne è solo uno strumento, probabilmente inefficace, ma dal discredito della politica, e quindi del pubblico, in tutte le sue articolazioni, dalla percezione che vi è molta inutilità e spreco nei vari enti e quindi si va a colpire l'anello ritenuto mediamente meno vicino alla gente e meno significativo istituzionalmente (l'idea dell'inefficienza e dello spreco delle regioni è più recente nel dibattito comune).
Poichè questa percezione di inefficienza e di incapacità della classe politica trova riscontri importanti nella realtà, mi sembra che la complessa architettura che Botti disegna o prefigura rischia di appartenere al mondo delle illusioni, perchè richiede una forte, coesa e responsabile leadership politica, richiede denari per investimenti, richiede troppo tempo quando il tempo, come dice lui stesso, scorre invece molto veloce.
In sostanza la visione territoriale complessiva di Botti è in gran parte corretta, ma è la sua gestione che mi sembra di difficile interpretazione, almeno per me.
Questo paese, però aggiungerei anche la nostra società contemporanea, nonostante la parola governance sia la più utilizzata, cambia solo grazie a gesti, a strappi. Il fallimento di visioni globali è riscontrabile e drammaticamente evidente nella gestione europea.
Per questo non è nella razionalizzazione informatica della pubblica amministrazione la risposta al problema (è necessaria ma è solo uno strumento, non un fine), ma nella delegificazione forte e direi distruttiva. Solo liberando energie vitali della società si esce dalla crisi. Mi rendo conto che il tema province non c'entra molto con questo, che qui si parla di architettura delle istituzioni, ma questa architettura può nascondere due visioni totalmente opposte e quella di Botti, a me sembra, prevede una organizzazione statale precisa come un orologio svizzero.
Noi gli orologi svizzeri li produciamo in copia a Napoli e funzionano come quelli originali.

Unknown ha detto...

La considerazione del collega Marino Botti sono interessanti e giuste ma a mio avviso non tengono conto di alcuni aspetti essenziali della realtà italiana e regionale. L'"Area Vasta", di fatto, purtroppo, è un modo per delegare ai partiti la gestione di molti servizi essenziali. Questa riforma delle province cade come il cacio sui maccheroni. Paolo Casalini (Informarezzo) ha evidenziato che i dirigenti politici delle nuove province saranno dei nominati. Con le attuali leggi elettorali toscana e nazionale abbiamo già parlamento e consiglio regionale fatto di nominati "camuffati" da eletti attraverso una legge che è una "porcellata" assoluta. La regione Toscana è stata la prima ad avere una legge siffatta. Con molta coerenza, il presidente Rossi ripropone un'area vasta uguale a quella per la gestione delle acque e dei rifiuti. La coerenza è assoluta. Nominati in Parlamento, nominati in Regione, nominati nelle varie aziende che si occupano di servizi ai cittadini e, ultima trovata del governo tecnico di Monti, nominati anche per le Province. La "tecnica" di questo governo mi sembra molto chiara. Qualcuno dice che così si aumenta il potere dei comuni. In effetti, teoricamente, i sindaci si troveranno a "nominare" un sacco di persone ma, nella pratica, i cittadini si troveranno sempre più emarginati a favore dei partiti. I partiti politici, è bene ricordarlo, dovrebbero essere il "tramite" fra cittadini e istituzioni e non dovrebbero "sostituire" le istituzioni pubbliche. La "porcellata" sta diventando di dimensioni catastrofiche. Chi non avesse ancora chiaro quali danni ha portato e porterà un sistema delle "nomine" siffatto, pensi allo sfascio dell'MPS. L'intreccio di nomine tra Banca, Fondazione, Comune di Siena e, negli ultimi anni, Regione, ha portato alla distruzione della banca più antica del mondo. Per questo motivo (e tanti altri), sono dell'opinione che, a fronte di una riforma così negativa, è meglio cambiare il meno possibile. E’ meglio che i nominati della nuova provincia di Arezzo dipendano solo dai sindaci del nostro territorio perché forse, in questo caso, data la misura geografica, un cittadino o una testata giornalistica come Informarezzo avrebbero ancora un po' di possibilità di critica. Se invece le nomine dovessero dipendere anche dalla miriade di sindaci senesi e grossetani, le uniche entità in grado di gestire la cosa sarebbero le segretarie regionali dei partiti. Queste considerazioni le rivolgo anche agli aretini che, in buona fede, ritengono che sarebbe preferibile una macroprovincia Arezzo, Siena Grosseto con Arezzo capoluogo. In questo caso, teoricamente potremmo diventare crocevia di un'area vasta. Praticamente, invece, i cittadini saranno sempre più espropriati dei loro diritti e non è detto che qualcuno, attraverso un sistema di nomine così farlocco, non troverebbe, anche se il capoluogo fosse Arezzo, il sistema di drenare risorse per rimediare i danni senesi.